Il canone di locazione “in nero” ovvero: è lecito registrare un patto a latere avente ad oggetto un canone di locazione integrativo rispetto a quello dichiarato nel contratto di locazione di un immobile ad uso commerciale?

L’esercente di un locale commerciale quotidianamente si trova a dover affrontare molte spese, tra cui il canone di locazione dell’immobile dove esercita la sua attività.

E’ una consuetudine che i proprietari del locale – al fine di ridurre l’impatto fiscale – propongano agli esercenti la stipulazione di un contratto di locazione commerciale, avente ad oggetto un canone più basso del previsto e,  la sottoscrizione, contestuale o successiva, di un patto integrativo avente ad oggetto il canone di locazione reale (per percepire un canone “in nero”).

Il quesito oggetto della presente disamina, infatti, fa riferimento alla validità o meno della registrazione di un patto integrativo del contratto di locazione immobiliare ad uso non abitativo (uso commerciale).

Prima di affrontare il caso oggetto di studio, occorre fare un breve cenno sulla disciplina della registrazione di un contratto di locazione.

La materia della locazione immobiliare è disciplinata sia dalla legge sull’equo canone (n. 392/1978) che dalla legge n. 431 del 1998.

E’, però, il Testo Unico sull’imposta di registro (D.P.R. 26 aprile del 1986, n. 131) che all’art. 2, lett. a) e b) sancisce che sono soggetti a registrazione, a norma degli articoli seguenti: gli atti indicati nella tariffa, se formati per iscritto nel territorio dello Stato;  i contratti verbali indicati nel comma 1 dell’art. 3” e agli artt. 5 comma 1, lett. B) e 2 bis della Tariffa allegata specifica che sono soggetti a registrazione i contratti di locazione immobiliare, sia se stipulati per iscritto sia se conclusi verbalmente, indipendentemente dall’ammontare del canone, esclusi i contratti di durata non superiore a trenta giorni”.

L’art. 17 del predetto Testo Unico, inoltre, sottolinea che “l’imposta dovuta per la registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato nonché per le cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite degli stessi, è liquidata dalle parti contraenti ed assolta entro trenta giorni mediante versamento del relativo importo presso uno dei soggetti incaricati della riscossione, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 237. 2.”

Tali norme, unitamente all’art. 1, comma 346 della Legge n. 311 del 2004, il quale sancisce che “ i contratti di locazione, o che costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, essi non sono registrati”, stabiliscono che la mancata registrazione del contratto di locazione immobiliare determina la nullità del contratto.

Sulla base di tale assunto, occorre verificare l’eventuale sanabilità di tale nullità, attraverso la tardiva registrazione del contratto, anche alla luce dell’art. 1423 c.c., secondo cui “il contratto nullo non può essere convalidato, se la legge non dispone diversamente”.

A chiarire tale dubbio sia la sentenza n. 18213 del 17.09.2015 della Cassazione a Sezioni Unite, che la recentissima sentenza n. 23601 del 2017.

Dalla lettura di tali sentenze risulta chiara la possibilità di un efficacia sanante del contratto di locazione attraverso la tardiva registrazione dello stesso.

Con l’attualissima sentenza, infatti, si confermano due principi già enunciati nella precedente sentenza del 2015, vale a dire:

  • La mancata registrazione del contratto di locazione di immobili è causa di nullità dello stesso;
  • Il contatto di locazione di immobili, quando sia nullo per (la sola) omessa registrazione, può comunque produrre i suoi effetti con decorrenza ex tunc, nel caso in cui la registrazione sia effettuata tardivamente.

La ragione di tale sanatoria deriva direttamente da un principio di fondamentale importanza, ovvero quello di non interferenza tra le regole del diritto tributario e quelle attinenti alla validità civilistica degli atti.

Infatti, l’art. 10 della legge n. 212 del 2000 afferma che “le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto”.

Chiarito questo passaggio, occorre focalizzarsi sul quesito principale: è valido un patto a latere avente ad oggetto un canone maggiore rispetto a quello del contratto registrato?

Tale quesito è stato oggetto di una lunga e complicata analisi sia da parte delle giurisprudenza che da parte della dottrina.

Data la complessità del quesito, occorre – al fine di semplificare la comprensione – soffermarsi sulle due predette sentenze.

Infatti, la sentenza n. 18213 del 17.09.2015 delle Sezioni Unite, nonostante il riferimento alle locazioni di immobili ad uso abitativo è completamente applicabile al caso di specie.

Le Sezioni Unite con tale sentenza hanno affermato che, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 492 del 1998 secondo cui è nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato” – in materia di locazione ad uso abitativo registrata per un canone inferiore al reale – il contratto resta valido per il canone apparente, mentre l’accordo simulatorio relativo al maggior canone è affetto da nullità, insanabile dall’eventuale registrazione tardiva.

La nullità dell’accordo a latere non può in alcun modo essere sanato, poiché “manca proprio l’oggetto di tale sanatoria”, in quanto l’atto negoziale successivo risulta insanabile e testualmente nullo per contrarietà a norma di legge (ovvero all’art. 13 della legge n. 492 del 1998), restando tale anche a seguito di un’eventuale registrazione.

Tale quesito – circa il patto a latere –  è stato riproposto in riferimento al contratto di locazione ad uso non abitativo.

A tal proposito, l’art. 79 della Legge n. 392 del 1978 afferma che “è nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge. Il conduttore con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell’immobile locato, può ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge”.

In altre parole, si è posta alle Sezioni Unite la questione se, pur al di là ed a prescindere dalla violazione dell’art. 79 della l. n. 392 del 1978, anche per i contratti di locazione ad uso diverso da quelli abitativi debba farsi – in ipotesi di patti a latere con finalità di elusione fiscale (in sintesi, patti per avere un canone in nero) – applicazione del principio, già affermato nella citata sentenza del 2015 dalle Sezioni Unite con riferimento ai contratti di locazione ad uso abitativo, di efficacia sanante alla registrazione tardiva del contratto.

Oltre ai due principi supra espressi le Sezioni Unite, con la sent. n. 23601 del 2017, hanno confermato – coerentemente a quanto statuito nella sentenza n. 18213 del 17.09.2015 – che “è nullo il patto col quale le parti di un contratto di locazione di immobili ad uso non abitativo concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato; tale nullità vitiatur sed non vitiat, con la conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone risulterà insanabilmente nullo, a prescindere dall’avvenuta registrazione”.

La soluzione così adottata dalle Sezioni Unite ha, pertanto, il pregio di ricondurre ad unità la disciplina delle nullità e della eventuale sanatoria di tutti i contratti di locazione, ad uso abitativo e non, affermando in entrambi i casi la nullità di patti integrativi con le quali le parti concordino un canone superiore a quello dichiarato (cioè petti per avere un canone di locazione in nero).

Tale sentenza ha un impatto molto forte per gli esercenti poiché garantisce agli stessi una tutela maggiore rispetto al passato, ponendo, invece, a carico del solo proprietario il rischio della nullità del patto a latere avente ad oggetto un canone maggiorato ed “in nero” privo, cioè, di regolarità fiscale.

Francesco avv. Innocenti        dott.ssa Claudia Peppe

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